
Riceviamo e pubblichiamo il seguente contributo:
“Sei cambiata”
“Non sembri più la stessa”
“Allora, quando usciamo? Quando ci vediamo?”
A dire il vero: non lo so.
Non lo so più, quando e in che modo posso uscire, evadere, fuggire almeno un pochino.
È stato detto che saremmo rimasti chiusi in casa come sorci e, per un istante, dopo il disprezzo per una frase così assurda, abbiamo immaginato che potesse essere la realtà.
L’amica storica che ti propone una giornata relax alle terme, dimenticandosi del tuo “non green pass”, diventa improvvisamente sintomo di fastidio, non per le terme in sé, è la superficialità, forse, che ti spiazza.
“Io da oggi, non lo posso fare, non te lo ricordi?”.
No, perché se è concesso a te, è difficile ipotizzare che a qualcun altro sia vietato.
Anzi, non vietato, esiste il tampone.
È tutta la vita che dimostriamo: dimostriamo di essere figli di cui andare fieri, alunni disciplinati, lavoratori ligi, amici fidati, fidanzati romantici, dimostriamo di essere un “bravissimo” alle scuole elementari, poi un 10 a medie e superiori, dopo un trenta e lode all’università.
Oggi dobbiamo dimostrare anche di essere sani.
Il presupposto, evidentemente, è che siamo infetti.
Abbiamo una carica virale più alta, il che non è un merito.
Siamo quelli che hanno sbagliato, non ci sono giustificazioni, non c’è clemenza alcuna.
Abbiamo preso la decisione errata: niente vaccino, dunque niente green pass.
Questa certificazione, questo scannerizzare la presenza di un essere umano, con un colore che rappresenta dalla speranza all’invidia, ma soprattutto ormai soltanto un semaforo verde, un po’ ci toglie ogni capacità di raziocinio.
Un lascia passare.
Per andare dove?
A vivere.
Per essere parte attiva della società.
Beh anche per quello basta un tampone, ma se te lo fai, se mostri il tuo foglio cartaceo che attesta la tua negatività, implicitamente “non sei dei nostri”.
“Non capisco cosa sia cambiato nella tua vita, rispetto a prima, continui a fare tutto ciò che vuoi, non hai limitazioni!”
Mi ripete mia madre.
La sento sulla pelle la limitazione, come se camminando per strada avessi marchiato a fuoco “non vaccinata”.
Al “come va?” Si è sostituito “Pfizer o Moderna?”.
Nessuno ti guarda più negli occhi e ti domanda se tu stia bene, bene veramente.
Non se tu sia sano, semplicemente se stai bene.
Se hai timore, se non sai più guardare al futuro, se sei arrabbiato.
Un po’ con tutti, la senti addosso la rabbia e non la controlli.
E sei anche triste, a tratti, ogni tanto piangi.
Perché quello che osservi tu, non lo notano gli altri.
Non hai più voglia di vederli i tuoi amici storici, quelli che “non hai torto, però io sono favorevole al green pass”, quegli altri che “lo so, mi dispiace per te, ma io sono vaccinata perciò la cosa non mi tocca”.
Ma tocca me.
Me con cui ha riso, la me che ti ha consolata nei momenti difficili, con la quale fino a ieri andavi a mangiare una pizza e non cercavi di convincere ad ogni costo a vaccinarsi.
“Lo diciamo per te, è per il tuo bene!”
Da quando i confini di bene e male sono così netti e distinti?
Succede poi che accompagni una tua amica a riconsegnare due libri in università, non vi fanno entrare, serve il green pass e pensi “ora registro la scena, prendo solo i piedi, un mezzo busto, la gente deve sapere”.
Non lo fai con l’istinto di nuocere, lo fai per sopravvivere.
Vuoi soltanto essere ascoltata.
Scappa un commento razzista, privo di giustificazione e diventa subito virale.
Il web spaventa, è uno spazio immenso e profondo, dove la morale vacilla e quando ti ritrovi a leggere commenti come “quest’uomo è una merda, deve morire”, ti domandi: “Ma che cosa sono diventata?”.
Sei cambiata, non sei più la stessa.
Forse mi avete trasformata voi.
Sono sempre stata abituata a non oltrepassare, a non scavalcare, a non passare sopra.
Ora vorrei soltanto passare nel mio percorso di vita.
Andare avanti.
Ma non si può.
Nessuno certifica per me.
“Quando usciamo? Quando ci vediamo?”
Quando sceglierete di vedere ciò che vedo io.
Se anche tu hai qualche episodio da raccontare, da denunciare, anche solo per sapere che non sei solo, scrivici a : whistleblower@studenticontroilgreenpass.it