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VOTO ERGO SUM? 



Di Valerio Casali:

Con il comunicato del 9 agosto: “in merito alle elezioni politiche”, il movimento SCGP di Roma dichiarava, tra le altre cose, di “guardare alla lista Italia Sovrana e Popolare come alla realtà politica con cui costruire un percorso di vicinanza(..)

Studenti contro il green pass (SCGP) è una realtà complessa, nata spontaneamente e nello stesso momento in tutta Italia, composta da giovani di ogni estrazione sociale e retroterra culturale. Giovani per la maggior parte alla prima esperienza politica, che si sono organizzati per opporre resistenza al green pass nella sua fase più acuta, che hanno partecipato a piazze e cortei e frequentato assemblee a volte estenuanti.

Con la caduta del governo e la prospettiva delle elezioni, alcuni di noi (compreso chi scrive) hanno sentito la necessità di riunirsi per prendere una posizione. Si sono tenute diverse assemblee, nelle quali infine si è deciso di uscire con qualcosa di scritto, con un comunicato.

Le motivazioni di chi ha sostenuto quel comunicato sono spiegate al suo interno:

Isp ci sembrava la realtà più credibile e quella a noi più vicina, che avevamo incontrato più volte nelle piazze a lottare contro il Green Pass e il governo Draghi, e ci tenevamo che si ufficializzasse un percorso di vicinanza per ottenere un aiuto reciproco.

L’aver preso questa posizione ha deluso una parte del nostro gruppo, che nutre sfiducia o nei partiti attuali, o nelle forme partito e nel sistema della democrazia parlamentare in generale. La stessa divisione che sta interessando l’area “antisistema” italiana sul voto- non voto, ha toccato anche noi e portato ad aspre discussioni.

E’ interessante che si sia creato questo dibattito, come sono interessanti le discussioni che ne sono scaturite, ma ci sarebbe voluto più tempo per riuscire ad affrontarlo con serietà e capacità di conciliazione, per andare più in profondità e capire bene le ragioni dell’una e dell’altra parte. Il suffragio universale è una storica conquista oppure uno specchietto per le allodole? Ogni partito è destinato ad essere assorbito dal potere? Solo alcune delle difficili domande che richiederebbero ore di discussione solo per essere sviluppate, con la necessità di una seria analisi storica e filosofica.

Col presente articolo vorrei contribuire a due obiettivi,che a mio avviso sono fondamentali perché si riesca a superare questa divisione: desacralizzare la votazione elettorale, e sviluppare un formale e sostanziale dibattito interno al movimento sulla funzione delle democrazie parlamentari e dei partiti.

Per chi ha sostenuto il comunicato, avvicinarsi ad un partito non è una macchia, ma l’opportunità di creare un fronte compatto che sia presente in tutti gli spazi dove si esercita il potere, non escludendo “i palazzi”, che sono ancora i luoghi dai quali si emanano le leggi. Da questa parte si pensa che il partito possa essere tatticamente utile a permettere al popolo di organizzarsi, rallentando alcuni processi che tenderebbero a soffocarlo e dividerlo, come teorizzava anche Gramsci nei quaderni dal carcere.

Gramsci, che al tempo era segretario del Partito Comunista, credeva che il ruolo del partito fosse quello di facilitare la politicizzazione delle masse, aiutando la nascita di un soggetto unitario, una volontà collettiva. Bisogna ammettere che ad oggi non esiste un partito che sia riconducibile al PC del tempo e a quella fase storica, in cui si opponevano in modo così netto due visioni di mondo. Il PC nel dopoguerra diventò il partito di riferimento dell’opposizione italiana, un’opposizione diversa da quella (finta) di oggi, che opponeva una visione di mondo e di relazioni umane alternativa a quella del neoliberismo. Il partito rappresentava l’ala “riformista” (moderata) di uno schieramento che per sua natura era rivoluzionario, ma che col passare degli anni e dei cicli politici perse l’integrità iniziale e si frammentò in sigle sempre più piccole, fino ad essere inglobato dalla nuova “sinistra” che avanzava, privata di ogni ideale socialista e portatrice di una linea neoliberista. Anche tra i militanti rivoluzionari, l’ideale del comunismo si venne spegnendo tra le braccia del grande sogno o incubo americano, e tra le macchinazioni e i crimini dei servizi segreti collusi col deep state americano.

Oggi ci troviamo in una fase in cui stanno ricomparendo i blocchi ideologici, e questa è forse la prima competizione elettorale in cui si possa riconoscere un reale schieramento “antisistema” e alternativo, non di certo nella Meloni ma in quei soggetti politici che in questi due anni si sono opposti alla violenza delle misure repressive e discriminatorie, avendo nel “green pass” il nemico comune che sanciva le divisioni dello schieramento.

Non è applicabile l’equivalenza tra questi partiti e il m5s, perché non è soltanto diverso il contesto in cui questi sono nati e si sono sviluppati, ma anche la statura morale e intellettuale di chi ne fa parte. Così come un Gramsci non è paragonabile ad un Bersani, e la democrazia Cristiana non è più la stessa dopo la morte di Moro, un Giorgio Bianchi non è un Di Maio. Bisognerebbe quindi andar cauti nel fare di tutta l’erba un fascio quando si parla di partiti e uomini politici, perché sicuramente sono ampie le sfumature di grigio e la storia italiana lo dimostra.

Premesso ciò, è evidente che nessuno dei partiti che si presentano a queste elezioni può rivendicare lo status di partito di riferimento della nostra area politica, com’era il PC del dopoguerra per l’ideologia comunista, ma si può tracciare una strada che tenda verso l’unione, guardando contemporaneamente al passato e alla novità assoluta di questa difficile fase storica, e l’opinione di chi scrive è che sia meglio avere qualcuno dentro che non averlo. Ciò non deve in nessun modo rallentare o inficiare il tipo di azione che va compiuta fuori dal parlamento, la disobbedienza e la rivoluzione culturale necessaria e improrogabile. Se questo dovesse accadere, ovvero se le elezioni dovessero annebbiare il nostro operato nel meccanismo della delega, allora andrebbe riconosciuto un problema nel voto. Ma il mio invito è di considerare quello del parlamento come solo uno dei piani dove avviene lo scontro, e in questo modo desacralizzare la votazione, sia nell’ottica del voto che in quella del non voto. Se si concorda che il lavoro principale che ciascuno di noi può compiere non può riguardare la sola campagna elettorale o l’esercizio del voto, allora vale la pena considerare che ci sono molti candidati validi nelle liste “antisistema”, che -come detto prima- un Giorgio Bianchi non è un Di Maio, e che il venir meno della fiducia verso chi dovesse essere eletto non deve implicare una conseguenza sul nostro agire. D’altra parte, il governo è ancora il luogo in cui si emanano le leggi liberticide che abbiamo osteggiato negli scorsi anni, che sta affamando l’intera popolazione, che gestisce il monopolio della forza violenta, che possiede le infrastrutture di approvvigionamento, che gestisce la formazione e che decide di partecipare o meno ad una guerra o di obbligare un popolo ad una vaccinazione. Sarebbe quindi ingenuo ignorare del tutto questo campo per poi subirne le decisioni senza essere in grado di opporre una resistenza organizzata.

L’avvicinarsi ad un partito può essere visto come una perdita di integrità e purezza, oppure come l’opportunità di influenzarne il corso e ampliare il proprio fronte di alleanze.

In questo credo sia necessario ragionare per grigi, evitare i moti emotivi e impulsivi e muoversi con cautela e volontà di ascolto tra le varie possibilità organizzative che sono emerse nella nostra area, prendendo in seria considerazione il fatto che alcuni si sentano più attratti da forme organizzate, seppur parzialmente, in modo verticista (come i partiti), e non dalla giustizia ideale della forma assembleare/anarchica, che presenta diverse criticità (sulle quali sarebbe utile riflettere) e se avvicina alcuni, ne allontana altrettanti.

Credo che nel ragionare di politica non sia conveniente pensare in termini di purezza, ma di efficacia, e che l’efficacia di ciò che facciamo è la verifica della correttezza delle nostre scelte e del nostro grado di coerenza interiore. L’augurio è che col tempo possa nascere un fronte più compatto, che unisca i diversi piani dell’agire, presente fuori dalle istituzioni e dentro le istituzioni se necessario. C’è qualcosa di fondo che ci unisce tutti, ed è il fatto che ad agosto 2021 abbiamo scelto da che parte stare. Poi bisognerà fare dei tentativi, muoversi, mettersi in gioco, partecipare. Conoscere le persone e le loro idee, creare rapporti di fiducia, allontanarsi e ritrovarsi. Ricordando che comunque si può sbagliare, perché è un’esperienza del tutto nuova. Il tanto evocato “fronte unico” non si è creato in primis per una mancanza di fiducia, che è presente tra i partiti come è presente tra di noi, ancora legati alle nostre appartenenze politiche, alla difesa del nostro orticello e del nostro ego, colmi di pregiudizi e di schemi mentali retrogradi. Bisogna evolversi, superare gli schemi e inventare forme nuove. Non c’è stato il tempo, ma il tempo non è finito, perché oggi è solo una data, importante ma non decisiva, che ci darà indicazioni per il futuro. Ci vorrà un po’.

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