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Contro ogni guerra, visibile e invisibile



Mio martello non colpisce Pialla mia non taglia

Per foggiare gambe nuove A chi le offrì in battaglia Ma tre croci, due per chi Disertò per rubare

La più grande per chi guerra

Insegnò a disertare.

F. De andré, Maria nella bottega d’un falegname

Bisogna volere l’impossibile, poiché l’impossibile accada.

Eraclito

Leggendo attentamente l’ultimo articolo di Marco Zuccaro, può risultare evidente un’incoerenza fondamentale, che è quella fra l’auspicio suggerito dal titolo Condizioni per la pace in Ucraina e quello dell’assassinio di Zelensky, o della eliminazione fisica di esponenti di am bienti “sionisti”, che si può trarre leggendo le possibili soluzioni proposte (citiamo testualmente: “assassinio o imprigionamento di Zelensky, ovvero destituzione pacifica del governo ucraino”, “Occorre valutare la necessità di confrontarsi con taluni ambienti sionisti, e altresì occorre valutare la necessità di eliminare fisicamente i loro esponenti”).

Il modo più adeguato per comprendere questa incoerenza consiste nel focalizzarsi sul principio secondo il quale i mezzi devono aderire al fine, che implica il rispetto della coerenza tra il fine che si vuole realizzare e i mezzi che si intendono adottare a questo scopo. Quindi se vogliamo porre la Pace come fine del nostro agire politico-culturale, uccidere Zelensky, o qualche “sionista”, non può rappresentare un legittimo mezzo per realizzare il nostro fine, che dovrebbe esplicarsi nella creazione di una nuova realtà socio-politica che abbia la sua ragion d’essere proprio nella Pace.

Ma occorre definire il fine proposto, per riuscire a capire meglio che cosa intendiamo quando parliamo di pace, in modo tale da evitare fraintendimenti e buonismi insignificanti. Per fare questo, bisogna anzitutto porsi la semplice domanda: “cos’è la pace?”: solo così possiamo conoscere cosa sia essenzialmente questa idea, così fondamentale all’interno del nostro di- scorso. Cerchiamo allora di rispondere coerentemente a questo importante interrogativo, per quanto sia possibile in base alle nostre capacità. A tal proposito, occore dire che la Pace è l’opposto della guerra, non è distruzione meschina dell’umana dignità. La Pace non è volontà di dominio, ma mutua cooperazione; non è odiare il proprio nemico, ma amare il proprio nemico, vederlo nella sua nudità; non è freddo assassinio, ma indulgente carezza; non è apologia del delitto, ma decostruzione dei discorsi criminali.

Quello che difficilmente si riesce a capire è che il problema risulta essere di carattere endemico rispetto al tessuto nazionale: sono le condizioni strutturali dell’Ucraina che hanno generato il Zelensky che oggi conosciamo – il quale non a caso prima di salire al potere era un moderato centrista in politica estera, differentemente da Porosenko che girava il Paese sulla bandera-mobile. È bastata una sua parziale apertura alle istanze dei russofoni, che Pravy Sektor minacciasse di andare a prenderlo a Kiev. Altro che raffinatezza geopolitica; chi teorizza l’omicidio politico non sa di cosa parla. Sono i falchi a gestire Zelensky: lo stesso discorso si applicherebbe in modo speculare in Russia, ove molti parlano di destituzione pacifica o di omicidio di Putin, ignorando che questo farebbe solo saltare fuori un irredentista ancora più incallito (costoro non sanno che esiste un 30% di russi per i quali Putin è sostanzialmente un debole che non ha usato abbastanza il pugno di ferro).

Ma poi guardandolo meglio, Zelensky risulta essere soltanto un misero attore. E gli attori si licenziano, non si uccidono. Per licenziare intendiamo che questi personaggi, prendendo per esempio lo stesso Zelensky come anche l’ex presidente della BCE (super)Mario Draghi, ma si potrebbero perdere giorni ad elencarli, andrebbero processati o sotto un Tribunale Interna- zionale oppure sotto un Tribunale popolare in Common Law (Diritto comune), ossia “la legge del popolo” o ancora meglio “le leggi per affidare, impegnare un onere, dovere pubblico, servizio o obbligo”. Il Popolo quindi, e nessun altro oltre a lui, dovrebbe eseguire la destituzione pacifica dello pseudo-governante Zelensky che altro non è, ricordiamolo, che un attore di film di serie B.

Inoltre, sarebbe illuminante guardare ai recenti eventi bellici riguardanti l’Ucraina come a un modello negativo che deve muoverci verso il suo stesso superamento: questi eventi devono indurci a riflettere sulla loro intollerabilità, dovuta alla loro violenza strutturale, perché un mondo bellicoso è destinato soltanto alla più triste rovina. Perciò, affrontando il discorso sull’Ucraina in questi termini (e ciò vale per ogni discorso che considera un fenomeno di guerra), non basta dichiararsi favorevoli alla pace per questo Paese, ma bisogna volerla universalizzare, proporne l’estensione su scala globale. Nessun paese escluso, tutti gli individui inclusi. Il cuore delle vittime non grida vendetta, ma di porre fine alla devastazione; non già attraverso ulteriore violenza, bensì attraverso la vera Pace. La questione è cruciale: scegliere fra la Morte o la Vita. A costo di risultare dei folli che sperano nell’impossibile.

Date queste premesse, occorre impostare diversamente il discorso proposto da Marco Zucca- ro, proponendo altre soluzioni per la realizzazione della pace in Ucraina, come:

  1. L’abolizione – non sospensioneuniversale della chiamata alle armi.
  1. L’interruzione universale dei finanziamenti militari.
  2. Il rifiuto della guerra come strumentoper risolvere le controversie internazionali (cfr. Art. 11) e nazionali.
  1. Il rispetto della piena realizzazione della personaumana (cfr. Art. 3).
  1. La “mobilitazione” verso il cuore della rinascita dei paesi belligeranti, ossia la Pace stessa, anziché incanalare tutto il dolore verso “il cuore del nostro nemico”, che è soltanto lo specchio della nostra incapacità di trovare soluzioni che vadano alla radice di quel male che è la guerra.

Concludendo, vogliamo ribadire a gran voce il nostro rifiuto dell’assassinio di Zelensky (e di qualsiasi altra figura politica) e di tutte le modalità di azione politica basate sulla violenza come possibili mezzi finalizzati alla defenestrazione di un ordine politico putrescente e distruttivo, preferendo suggerire di diventare falegnami di quel simbolo che diserta la guerra. In tutte le sue forme, visibili e invisibili.

Daniele Bellavista

Emilio Capossela

AndreaDargenio

3 commenti su “Contro ogni guerra, visibile e invisibile”

  1. A Daniele Bellavista, Emilio Capossela, Andrea Dargenio: sulle condizioni per la pace in Ucraina

    Gentili studenti torinesi, essendo stato chiamato in causa pubblicamente vi risponderò, ma poiché non ho tempo da perdere in certe inutili diatribe (tanto più che ho già detto tutto quel che mi premeva di dire nella mia precedente analisi generale, che voi non avete minimamente compreso e che vi invito a rileggere perlomeno altre cento volte), sarò sintetico.

    Constato, anzitutto, che nel vostro “contributo” non vi siete spesi su alcuna delle mie argomentazioni, di fatto concentrandovi solo su ciò che avevo scritto in merito all’assassinio di Zelensky o degli attori sionisti che lo manovrano. Se vi ho già invitato a meditare a lungo su quel che ho scritto, sul punto specifico debbo evidentemente sottolineare talune cose: 1) che a me non interessa e non è mai interessato augurare la morte a nessuno; 2) che ho analizzato l’ipotesi dell’assassinio di Zelensky entro un’ottica geopolitica generale, ragionando su suddetta ipotesi nello stesso identico modo in cui ragionerei sull’ipotesi in cui Hitler fosse stato ucciso prima della fine della seconda guerra mondiale (in effetti i tedeschi che vi si opponevano ci erano andati vicini con la cosiddetta “Operazione Valkiria”, che voi sicuramente conoscete); 3) che Zelensky, oramai divenuto una mina vigante, rischia di essere ucciso non tanto dai russi, ma dai suoi alleati occidentali; 4) che la morte di Zelensky potrebbe agevolare la fine del conflitto, checché voi ne diciate.

    Aggiungo:

    – che quel che avevo previsto si è puntualmente verificato, poiché la Russia ha incrementato di molto la potenza dei suoi attacchi sulle infrastrutture ucraine;
    – che in guerra i normali criteri etici saltano, e viene seguita un’altra etica, ch’è proprio l’etica di guerra, ovvero la ragione di Stato alle prove dell’emergenza bellica;
    – che se realmente pensate di poter darmi una lezione morale, siete dei poveri ingenui. Frasi come “la pace non è volontà di dominio, non è odiare il proprio nemico, ma indulgente carezza” potete e forse dovreste riferirle non a me, ma ai governi degli Stati Uniti, della Cina, della Russia, di Israele, insomma, alle più alte cariche di chi muove le fila della geopolitica mondiale. Dopo, se vi aggrada, fatemi senz’altro sapere cosa vi avranno risposto.

    N.B.

    Non è per snobismo ch’io vi dico di non aver tempo da perdere. Realmente non ho tempo da perdere.

  2. La diatriba qui presente sulla questione della guerra in Ucraina e dei suoi possibili esiti è interessante, tuttavia rimanda a tematiche ideali, forse addirittura utopistiche, come la ricerca della pace in tutto il mondo (programma molto ambizioso). Agli studenti come voi converrebbe ritornare a concentrarsi su vicende più concrete e affini agli argomenti su cui il movimento è nato, come quelli degli obblighi, tutt’ora esistenti in Italia, in materia sanitaria: ad esempio non si parla più della Legge Lorenzin, che fece qualche anno or sono da precursore, nell’ambito delle scuole materne, per il sistema del famigerato Certificato verde che abbiamo poi conosciuto a nostre spese durante la pandemia.

  3. Emilio Capossela, Andrea Dargenio

    Caro Zuccaro,
    spero tu abbia almeno del tempo per riflettere meglio sull’aspetto fondamentale del nostro articolo, non considerandolo soltanto un’occasione per un'”inutile diatriba”, bensì come un argomento cruciale nel panorama culturale attuale, in cui si dovrebbero affrontare i fenomeni di guerra svincolandosi dalla forma mentis delle (ideologiche) ragioni di Stato.

    Il nostro articolo era finalizzato essenzialmente a sottolineare la contraddizione tra la volontà di realizzare la Pace in Ucraina e le condizioni da te proposte per realizzare tale scopo. Non si tratta dunque di una riflessione buonista che vuole emettere sentenze moralistiche nei tuoi confronti, ma di prendere le mosse dalla tua riflessione personale per elaborare un discorso generale finalizzato a decostruire l’idea secondo cui la Pace si possa ottenere anche mediante la violenza (la quale è proprio uno degli ostacoli alla realizzazione della pace stessa), in virtù della cosiddetta ragione di Stato, che implica soltanto un artificioso distacco psicologico e politico dalla nuda realtà bellica: solo abbandonando la ragione di Stato diventa possibile avvicinarsi alla concretezza delle esistenze umane coinvolte in un conflitto armato.
    Tu affermi che “in guerra i normali criteri etici saltano”. Il punto è che non dovrebbero saltare, venire meno a causa dell’emergenza bellica; anzi, dovrebbero manifestarsi in modo ancora più significativo e radicale (come avviene con la diserzione: il disertore, mediante il suo gesto riesce a qualche titolo a spezzare la logica bellica): in una situazione estrema e drammatica come la guerra, in cui emerge la peggiore natura dell’uomo, occorre riaffermare risolutamente alcuni imperativi morali.
    Ma la questione non è solo di carattere etico. Si può riflettere su un aspetto più logistico: l’uccisione di Zelensky produrrebbe caos e destabilizzazione, e porebbe le premesse per una balcanizzazione dell’area. Piuttosto che continuare a soffermarsi sull’Operazione Valchiria, si dovrebbe guardare con maggiore attenzione a quello che è accaduto più recentemente in Iraq e in Libia con la deposizione violenta di Saddam e di Gheddafi.

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